IL SAXOFONO ITALIANO

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di Vigani, Andrea

Intensi frammenti di parlato idiomatico

T - 1998 - 14'

Dettagli opera

La prima versione, per clarinetto basso, dedicata a Guido Arbonelli, è del 1996.


Commento all'opera

«Questo brano è un tentativo di ricostruire in tempo reale (il tempo della performance), una sonorità, una melodia, una forma, un ricordo ..., a partire da alcuni " intensi frammenti dell’idioma parlato" o, meglio, la rappresentazione di questo modo.
Ho diviso questo "modo" in quattro diverse parti (Quadri).
I – Il primo frammento appare e il processo di ricostruzione e rielaborazione inizia, e questo sia dal lato del performer che da quello dell'ascoltatore.
Questa prima parte (Quadro) ha un carattere rapsodico e deve essere suonato in un "modo quasi improvvisato", come tentativo di recuperare la memoria di un pezzo già sentito o eseguito in un tempo lontano, senza espressione, accennato (hinting).
Inoltre, è molto importante per caratterizzare fortemente i diversi "caratteri idiomatici", che sono presenti in questo pezzo (respirazione, note-ombra, frammenti melodici, modifiche d’intervalli e di tempi, ecc ..) al fine di renderle riconoscibili quando essi appariranno di nuovo nelle parti successive (Quadri).
Sarà necessario eseguire i chorus marcati come una temporanea interruzione del flusso di memoria, come un vecchio vinile graffiato, con il pick-up che si è inceppato, bloccato, in modo ossessivo.
Di conseguenza, le note che seguono questi chorus dovranno essere suonate quando la registrazione inizia a suonare nuovamente, come valvola di sfogo della tensione creata dal chorus.
II - Forti differenze rispetto alla parte precedente (Quadro), questo è infatti il pezzo già sentito o suonato, è la presenza della memoria cercata in n°I.
Il suono deve essere sempre presente anche fiatando (breathes) o nel pppp, sempre espressivo.
In questo caso, i chorus hanno un altro senso: essi devono essere momentanei "dubbi", improvvisi "ricadute" in situazioni precedenti, devono "minare" la certezza già acquisita, la certezza della melodia, della forma, della memoria , ecc .., che sono stati "ritrovati" e che sono "presenti".
III - Il "suono ritrovato" nella parte precedente (Quadro) diventa un "ombra", si spegne lentamente e svanisce, così ogni cosa deve essere suonata "fino al limite dell’udibile".
Ora, si torna a cercare quello che si era ritrovato, si cerca di non farlo scomparire nuovamente, ma non con la tranquillità presente nella prima parte (quasi senza espressione che è dato dal fatto che, all'inizio, non conoscevamo pienamente che cosa avremmo ri-formato e ri-costruito), ma con l'agitazione e la paura di perdere ancora una volta qualcosa che avevamo a lungo cercato e appena ritrovato.
IV - L'auto-ccoscienza della ri-perdita della memoria deve essere eseguita "senza espressione".
Questo "non-espressività" deve essere diversa dalla prima, in quanto è il risultato di una perdita, di memoria detta ad un estraneo e persa giocando a carte.
Ora, all'interno di questo modo, abbiamo sempre ri-trovato e ri-perso qualcosa che apparteneva a noi in un passato più o meno remoto, ma per fortuna abbiamo creato nuovi " intensi frammenti di idiomi parlati" che, in un futuro più o meno lontano, ci permetterà di ri-creare ulteriori possibili rappresentazioni e di continuare a giocare a carte i nostri ricordi con uno sconosciuto.»

 


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