IL SAXOFONO ITALIANO

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Fl Cl B Trbn - 2002 - 3'10''

Commento all'opera

«Due parole sulla mia Fuga per quartetto di fiati.
Premessa necessaria: la mia musica non è “ispirata” da nulla. Ho cercato, per quanto in mio potere e nonostante i miei limiti, di rappresentere la mia idea di una realtà matematico-geometrica assoluta in tutti i miei lavori. Tranne, forse, in quelli giovanili.
Credo nella musica creativa, quella cioè che non si limiti a descrivere le intenzioni del compositore, né ne abbia altrimenti la pretesa, ma che vesta, volta per volta, i pensieri e le intenzioni di chi abbia scelto di eseguirla o di ascoltarla. Soltanto così sarà possibile assegnare al materiale sonoro, la funzione importantissima di veicolo di costante novità, di perenne attualizzazione dei contenuti, in modo da evitare una sclerosi che ne avvilisca il significato più profondo.
Sia chiaro che non si sta parlando di alea, né di far cadere nell’oblio ogni singola lettura dell’opera in esame, né tanto meno di prevaricare l’originale pensiero compositivo. Più semplicemente, si tratta di rendere tridimensionale, direi prismatico, un evento che per secoli è stato considerato a due dimensioni, affiancando all’una possibile visione, tutta la serie di altre che, con altrettanta legittimità si pongano successivamente di fronte all’evento, in modo costruttivamente critico: il compositore quindi dà le indicazioni che ritiene di dare, precise il più possibile e l’esecutore (o gli esecutori) le traducono in suoni che diventano personali.
E’ mia convinzione che ciascuno di loro ne abbia il diritto, così come sarebbe auspicabile poter salvare per successivi ascolti ogni singola performance. Entusiasmante è l’idea di poter disporre di una eventuale libreria di tali eventi in modo da poter storicizzare il modo in cui, a distanza magari di anni, le stesse note hanno suscitato differenti risultati.
Tutto ciò sia detto per chiarire in quale ottica nella mia Fuga per quartetto di fiati vada intesa la totale mancanza di elementi agogici, dinamici o financo di indicazioni di fraseggio. Basterà rispettare la scrittura esattamente com’è ed ugualmente i cambi di tempo, ove presenti, che rappresenteranno di per sé, i momenti di riflessione necessari a far respirare la composizione, anche riguardo la timbrica degli strumenti scelti, certamente inusuale ma assolutamente voluta per il colore specifico irrinunciabile del sax baritono e del trombone in funzione rispettivamente di tenore e di basso.
Strutturalmente, la Fuga rispecchia naturalmente lo schema generale di ogni lavoro che lo voglia essere, con l’esposizione, lo sviluppo, gli stretti, il pedale e la coda al loro posto ed i vari soggetto, controsoggetto, risposta e divertimenti come da prassi. Manca invece, evidentemente, la coerenza armonica tra le parti, essendo di per sé una composizione di natura atonale i cui elementi tematici nascono da procedimenti seriali complessi che ho preferito potessero emergere come blocchi sonori senza essere assoggettati alle regole dell’armonia tradizionale. Allo stesso modo, il contrappunto utilizzato offre comunque, evidenti spunti dialogici che, pur seguendo in linea generale i contorni di quello più severo, ne travalicano i limiti dettati dall’essere nato e dal vivere, io stesso, una realtà estetica a più secoli di distanza dalle intenzioni di chi ne regolò la condotta originaria.»


 

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